Jack Benton - Il Segreto Dell'Orologiaio

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Il segreto dell'orologiaio

Jack Benton

Traduzione di Francesca Catani


Indice

disponibile e tradotto anche di Francesca Catani

Il segreto dellorologiaio

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

Capitolo 11

Capitolo 12

Capitolo 13

Capitolo 14

Capitolo 15

Capitolo 16

Capitolo 17

Capitolo 18

Capitolo 19

Capitolo 20

Capitolo 21

Capitolo 22

Capitolo 23

Capitolo 24

Capitolo 25

Capitolo 26

Capitolo 27

Capitolo 28

Capitolo 29

Capitolo 30

Capitolo 31

Capitolo 32

Capitolo 33

Capitolo 34

Capitolo 35

Capitolo 36

Capitolo 37

Capitolo 38

Capitolo 39

Capitolo 40

Capitolo 41

Capitolo 42

Capitolo 43

Capitolo 44

Capitolo 45

Capitolo 46

Capitolo 47

Capitolo 48

Capitolo 49

Capitolo 50

Capitolo 51

Capitolo 52

Capitolo 53

Capitolo 54

Circa l'autore

"Il segreto dell'orologiaio" Copyright © Jack Benton / Chris Ward 2019

Traduzione Italiana di Francesca Catani

Il diritto di Jack Benton / Chris Ward di essere identificato come l'autore di quest'opera è stato da lui rivendicato in conformità con il Copyright, Designs and Patents Act 1988.

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, memorizzata in un sistema di recupero o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo senza previa autorizzazione scritta dell'Autore.

Questa storia è un'opera di finzione ed è un prodotto dell'immaginazione dell'autore. Tutte le somiglianze con luoghi reali o con persone vive o morte sono del tutto casuali.

disponibile e tradotto anche di Francesca Catani

L'uomo in riva al mare

Il segreto dellorologiaio

1


Lescursione non stava andando secondo i piani.

Le imponenti pile di granito di Rough Tor si erano dimostrate essere una pessima bussola, snodandosi senza sosta lungo lorizzonte, mentre Slim Hardy provava a rimettersi sul sentiero che laveva condotto dal parcheggio sino in cima alla collina.

Alla sua destra, un piccolo gregge di pony di brughiera bloccava laccesso diretto al crinale e alle pile più alte. Con sguardo provocatorio, i pony osservavano Slim in ogni suo passo, mentre li fiancheggiava e si muoveva lentamente lungo il sentiero dissestato e paludoso, facendo attenzione alle pietre in granito che spuntavano tra i ciuffi di brughiera.

Slim sospirò. Era decisamente fuori strada: il lungo crinale di Rough Tor si ergeva dritto davanti a lui e la sommità pianeggiante di Brown Willy, con la sua distesa di rocce, appariva in lontananza, oltre unampia e dolce vallata. Per forza dellabitudine, allungò la mano come per prendere la fiaschetta, che non portava più con sé, così scosse la mano, come per rimproverarsi della smemoraggine, e si sedette su una roccia per riprendere fiato.

Sulla cima del crinale, gli escursionisti che aveva seguito sin dal parcheggio saltavano giù dallammasso di pietre e si dirigevano verso Brown Willy. Come i due si allontanarono, Slim provò un improvviso senso di solitudine. In fondo alla discesa, cerano tre auto nel parcheggio e quel pastrocchio rosso che chiamava bicicletta ma degli altri escursionisti, non vi era traccia. Allinfuori dei pony, non vi era nessunaltro.

Dopo aver dato un morso ad un vecchio panino e aver bevuto un sorso dacqua, Slim alzò gli occhi alla cima, lacerato dal dubbio. Lo aspettava unintensa pedalata, lungo tortuosi e dissestati sentieri di campagna, e la batteria del suo faretto era scarica. Come si girò, però, un raggio di sole trafisse le nuvole e, in lontananza, verso sud, La Manica iniziò a risplendere fra le colline. A nord-ovest, Slim provò ad intravedere lAtlantico, ma un banco di nebbia aleggiava sui campi, offuscando lintero panorama, meno un minuscolo triangolo grigio, che forse era loceano.

Cimentandosi in un lungo grugnito, rimise lo zaino in spalla e riprese lescursione, ma, dopo non più di un paio di passi, il suo stivale scivolò su una roccia traballante, facendolo sprofondare fino al ginocchio in una pozza dacqua sporca. Con una smorfia, Slim liberò il piede dal fango e barcollò fino a raggiungere un lenzuolo di terra asciutta.

Mentre toglieva e svuotava lo stivale sinistro, si lasciò sfuggire un ghigno nostalgico al ricordo di quel paio di calzini di ricambio che aveva lasciato sul letto della camera, così da far spazio al volume preso in prestito dalla libreria della pensione.

Ancora una volta le nuvole lasciarono intravedere velocemente il sole, che illuminò improvvisamente le pile di granito. Il gregge di pony si era spostato al di là della collina, lasciando aperto il passaggio per il crinale.

Forza, borbottò fra sé e sé. Non sei uno che molla, vero?

Allindossare nuovamente lo stivale, questo cominciò a cigolare, ma, nonostante tutto, dopo quindici minuti e senza perdere la smorfia sul viso, Slim finalmente raggiunse il crinale e si arrampicò sulle pile di granito, sino a raggiungere il punto più alto. La nebbia era salita e nascondeva tutto meno le pendici della collina. Le vecchie cave di caolino a sud-est non erano che fantasmi nella nebbia, avvolte da un lenzuolo grigio appeso sul mondo.

Con la sabbiolina lasciata dal fango che tra le dita dei piedi sembrava carta vetrata Slim si limitò a bere un sorso dacqua prima di intraprendere la strada del ritorno. Una mite giornata primaverile si stava velocemente trasformando in una nottata dinverno e solamente unora di luce lo separava dal buio completo. Anche se la nebbia non aveva ancora raggiunto ed avvolto il parcheggio con i suoi toni grigiastri una macchia rossa accanto al muretto svelava ancora la posizione della sua bici , questo sembrava ora più lontano di quanto non lo fosse stato prima il crinale.

Stava fissando il vuoto allorizzonte, contando le pecore rannicchiate in una conca ai piedi della collina per distogliere la mente dalle gelide folate di vento, quando ancora una volta scivolò su qualcosa.

Cadde bruscamente sulle mani. Era caduto sullo stesso piede, ma questa volta si era slogato la caviglia e un dolore fulmineo gli percorse lintera gamba. Si sdraiò supino, allargò lo stivale e si mise a massaggiare la caviglia per qualche minuto. Al togliere il calzino fradicio notò il formarsi di un brutto livido e il contatto diretto con laria fredda di febbraio lo fece rabbrividire. Perlomeno il terreno qui era asciutto, così si sedette e si mise a fissare la cima, arrabbiato e sconsolato allo stesso tempo. Sbagliare è umano, si ricordò di un proverbio che la sua ex-moglie ripeteva sempre, anche se si era dimenticato come finiva.

Si guardò intorno, alla ricerca della roccia su cui era inciampato, e aggrottò la fronte. Qualcosa spuntava dai ciuffi derba, svolazzando in aria.

Langolino di una busta di plastica, logora e ridotta a brandelli, da tempo sbiadita in un color grigiastro. Slim esitò prima di provare a prenderla, ricordandosi che, quando era in servizio in Iraq, una cosa del genere poteva indicare la presenza di mine, essere un segnale per i militanti locali che operavano in quella zona. Qualsiasi tipo di spazzatura era un potenziale segnale di morte e, nelle periferie sporche e decadenti di alcune città, Slim non avrebbe osato fare un altro passo.

Con sua grande sorpresa, la busta oppose resistenza al suo strattone. Con le mani si addentrò nellerba per palpare con le dita il contenuto della busta: un oggetto duro e spigoloso. Si estendeva, sotto lerba, per almeno due spanne; il cuore gli iniziò a palpitare. Un vecchio armamento militare? Laltopiano di Dartmoor, a nord-est, veniva usato per esercitazioni militari, ma la Brughiera di Bodmin in teoria era fuori pericolo.

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